La ricerca di vita oltre la Terra continua a spingere l’astrofisica verso sfide tecnologiche sempre più ambiziose. Ogni passo avanti nella scoperta di pianeti extrasolari ha ampliato il nostro orizzonte, ma la possibilità di rilevare direttamente tracce di vita rimane un obiettivo difficile da raggiungere. Individuare segni chimici nelle atmosfere di mondi lontani significa, infatti, misurare segnali debolissimi, spesso sepolti dal bagliore della stella madre e dal rumore strumentale.
Per affrontare questa sfida, non basta costruire telescopi sempre più grandi: servono anche rivelatori capaci di catturare e distinguere singoli fotoni, senza che il segnale venga perso o distorto. È proprio su questo fronte che la NASA sta concentrando i suoi sforzi, sostenendo lo sviluppo di una nuova generazione di sensori CMOS a singolo fotone (SPSCMOS). Questi dispositivi, progettati per operare in condizioni estreme e con livelli di rumore prossimi allo zero, potrebbero diventare la chiave per l’Habitable Worlds Observatory (HWO), il futuro telescopio spaziale pensato per andare alla ricerca di biosignature nelle atmosfere degli esopianeti.
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